lunedì 11 marzo 2013

Chi fa da se... rischia di farsi male

Riporto con orgoglio e con un sorriso sul volto, l'articolo di Leviatano89, un grande tecnico nel mondo della forza... e un gran rompip...e. Qulcuno sicuramente non digerirà questo articolo, ma ... se credete di saperne più di lui, o del vostro istruttore, soltanto perché vi allenate da una vita, fate come vi pare e continuate a torturarvi articolazioni, e tendini. Trovatevi un buon istruttore, sgomberate la mente da tutto quelo che credete di sapere, e fidatevi. Sicuramente lui ne saprà qualcosa in più del vostro amico "grosso" e con la borsa strapiena di bombe d'ogni genere.
Buona lettura.


Come farsi male in palestra: la guida completa

Sono convinto che se Charles Darwin potesse entrare in una palestra oggi, rivedrebbe tutte le sue teorie sull’evoluzione.
Per una volta voglio scrivere un articolo diverso dal solito. Noto che ogni volta che si scrive un articolo serio o si cerca di fare un discorso sensato arriva sempre qualcuno che esclama con convizione:  “Ma io lo faccio da anni e non mi sono fatto niente”, oppure l’ancora più geniale e tipico “io le faccio sempre, ma con poco peso”.
Questa volta allora voglio correggere il tiro, facendo due premesse:
  1. Se siete quelli del “no pain, no gain”, oppure se vi dicessi che X fa male voi mi rispondereste “Ma io lo faccio da anni e non mi sono fatto niente”, scegliete ed utilizzate in ogni vostro allenamento gli esercizi qui elencati e leggete solamente la parte che elenca i -presunti.- pregi di ogni esercizio. Mi piacerebbe sottolineare comunque una cosa: la goccia scava la pietra. Ora non vi fate male, ma è altamente probabile che continuare a fare gli esercizi qui elencati possa provocare qualche problema. Altamente probabile, magari voi siete in quella % di fortunati che non si fa niente e mi darete dello stupido, in tal caso buon per voi.
  2. Se invece siete persone che, dati alla mano, si fidano della fisiologia muscolare e non venderebbero la madre per un pò di ipertrofia in più, state attenti agli esercizi che elencherò.
Molto bene, cominciamo! Per alcune cose riprenderò quanto da me detto in articoli precedenti.

ALZATA LATERALI INTRARUOTATE e TIRATE AL MENTO

  • Quando fai le alzate laterali fai finta di versare un bicchiere d’acqua
  • Fai le tirate al mento che sono un ottimo esercizio per allenare trapezio e deltoide laterale
Per chi ragiona: L’abduzione vuole l’extrarotazione, il discorso potrebbe tranquillamente finire qui. Ciò significa che il sollevamento del braccio lateralmente deve essere fatto con l’omero extraruotato, non intraruotato. Il motivo principale è che l’intrarotazione porta la testa dell’omero a comprimere il tendine del sopraspinato con l’acromion, generando dolore in tutti i movimenti di abduzione. Detto molto semplicemente, questo movimento causa il cosiddetto impingement. Se questo non vi convince basta guardare al test di Jobe (come al test di Neer e molti altri), un test che in fisioterapia viene utilizzato proprio per scatenare il dolore nel sovraspinoso, test che si pratica proprio sollevando l’omero intraruotato:
Jobe
LA SOLUZIONE
Il modo migliore per evitare questo genere di problemi è evitare per prima cosa le tirate al mento (“ma come? Io le faccio sempre e non mi sono fatto niente!!) e stare più attenti alle alzate latereli: eseguitele o con il palmo “neutro” rivolto verso il pavimento, oppure facendo il contrario di quello che vi hanno sempre detto: portando il pollice verso l’alto mentre sollevate il braccio.

IL LENTO DIETRO

  • “Il lento dietro? Se eseguito con un carico basso, non da alcun problema, è chiaro che caricare su lento dietro non serve a niente, ma farlo come ultimo esercizio per le spalle, aiuta”.
Aiuta che cosa? Non lo so, ma ho perso il conto di quante volte ho letto questo commento.
Il lento dietro è uno di quei tanti esercizi controversi, dato che non tutti hanno la mobilità per eseguirlo. Durante l’esecuzione di questo esercizio si ha una extrarotazione eccessivamente marcata durante l’abduzione, che può portare alcuni problemi. Nella vita di tutti i giorni siamo anteriorizzati, ogni movimento si compie davanti a noi e non dietro.
LA SOLUZIONE
Il piano di lavoro migliore per le spalle, come ho detto in altri articoli, è sui 30° rispetto al piano della scapola, ovvero tra una via di mezzo tra piano sagittale e frontale. Eseguire su questo piano alzate laterali (nel modo corretto) e lento avanti è sicuramente la cosa più sicura che si possa fare. Prima di eseguire il lento dietro, state attenti di avere per prima cosa una buona mobilità, ma ricordate che se anche riuscite a posizionarvi in modo da poter eseguire questo esercizio, non significa che possiate eseguirlo per tante ripetizioni, con sovraccarico. Il deltoide laterale cresce più che bene anche se eseguite lento avanti, non dimenticate quella che considero una massima della fisiologia in palestra: “massima settorialità è solo massimo stress articolare”. Un discorso analogo si può fare per le trazioni dietro la nuca.

LA PECK DECK

  • La peck deck è un’ottima macchina per isolare il petto, senza usare tricipiti e spalle durante l’esecuzione. Una manna che nel vostro allenamento non può proprio mai e poi mai mancare!

peck deck

Non so chi sia il genio del male che ha inventato questa macchina dal più totale nonsense. Lo scopo del gran pettorale è di addurre ed intraruotare. Nella peck deck partiamo da una posizione adbotta e extraruotata e… chiudiamo in extrarotazione! Quindi l’omero, che dovrebbe intraruotarsi durante l’adduzione per la corretta azione del pettorale, non ruota! Quando succede qualcosa di simile, il movimento forzato si rifa tutto sui tessuti molli, con le conseguenze dannose che tutti conosciamo.

LA PANCA ALLA GOLA

  • La panca alla gola è un esercizio geniale, come tra l’altro il suo creatore Gironda. Permette di allenare bene la parte superiore del pettorale e di allungarlo al meglio.
pancagolaQuesto è uno dei quei bellissimi esercizi che a causa dello stress articolare che generano fanno credere al furbone di turno di stare allenando come non mai il pettorale perché sente “tirare” per bene il pettorale. In realtà, si sente sì tirare, ma quello che tira sono tutti i legamenti gleno-omerali, poiché quando l’omero è abdotto (quindi lontano dal tronco), più i legamenti sono in tensione!!

STACCO A GAMBE TESE

  • Gli stacchi a gambe sono un ottimo esercizio per allungare bene i femorali
Il fatto che ci si inclini in avanti a gambe tese pone in forte allungamento i muscoli femorali e come conseguenza il bacino rimane bloccato e non riesce a ruotare sull’anca. Il corpo, posto in questa situazione “complicata”, deve compensare, e lo fa con una cifosi lombare e questo fa sì che il carico durante l’esecuzione venga sollevato con il pesante ausilio degli erettori spinali. E’ un bene o un male?
Questi sono due dischi intervertebrali, composti da materia interdiscale gelatinosa (azzurra) e dal corpo vertebrale (grigio).
La pressione interna alla materia interdiscale può essere misurata con un manometro collegato ad ago infilato proprio lì nel mezzo delle vertebre.
Quando siamo in posizione eretta, la pressione misurata a livello della vertebra L4 (che è la 4a vertebra lombare) corrisponde esattamente al nostro peso corporeo. Ogni attività che facciamo influenza il peso percepito da questa parte di schiena. Siamo sdraiati? il peso percepito è di 0.4 il nostro peso corporeo. Siamo seduti senza un appoggio? Il peso è di 1,43. Ci pieghiamo in avanti a schiena curva? 1.7 e così via….
Questo però è il confronto principale che a noi interessa, dato che noi ci dilettiamo a sollevare pesi.
Ripropongo il classico esempio che potete leggere in “Scienza e pratica dell’allenamento della forza”: Poniamo per esempio che il bilanciere pesi 50kg. L’atleta che stacca a gambe tese percepisce una tensione interdiscale di circa 630kg, l’atleta che stacca con la postura corretta percepisce una tensione di 380kg, la metà!! E’ quindi salutare tenere la schiena curva?

LA SOLUZIONE:
Un buon modo di ottenere il meglio dallo stacco a gambe tese è eseguirlo sì con le gambe tese e portando il bilanciere lontano dal petto, ma con schiena iperestesa! Questo ha un duplice effetto: salvaguardia la schiena e permette di allungare veramente e molto di più i femorali, anche se il range che ne risulta è ridotto. In tutti i manuali di stretching, non a caso, quando si allunano i femorali si consiglia di tenere la schiena dritta per avere una tensione maggiore.

SQUAT AL MULTIPOWER

  • “Io non faccio squat libero, mica voglio spaccarmi la schiena. Faccio squat al multipower in totale sicurezza”.
  • “No io non scendo fino in fondo, faccio solo metà movimento così salvo le ginocchia”

Esistono dei muscoli, gli ischioscurali, che hanno la funzione, durante tutti i movimenti di rotazione dell’anca, di stabilizzare il ginocchio, riducendo dunque le varie forze di taglio.
Nell’immagine qui sopra, che rappresenta un modello abbastanza reale, è rappresentato il classico uso del multipower. La schiena è totalmente dritta, le piante del piede sono avanti al corpo e si scende a schiena dritta e senza ruotare il bacino.
Ne consegue che tutte le forze di cui sopra non sono annullate, se non in modo parziale, dipende dalla posizione della schiena, che non sarà comunque mai come quella di uno squat normale, quindi se i piedi sono nella posizione disegnata sopra, le forze di taglio saranno incredibilmente più elevate rispetto che ad uno squat normale. Al tutto si aggiunge il fatto che riusciamo a rimanere in questa posizione forzata solo grazie al fatto che i piedi non slittano in avanti grazie all’attrito del pavimento, cosa che aumenta ulteriormente le forze di taglio a carico del ginocchio.
Se dovete fare squat al multipower, fatelo in modo da imitare quanto più possibile lo squat normale, in modo che possa ruotare l’anca e che i muscoli ischioscurali possano agire per proteggere il ginocchio:


LEG EXTENSION e LEG CURL

  • La leg extension (o leg curl) è un ottimo esercizio, se eseguito con un carico basso non da alcun problema, anzi permette di lavorare in isolamento i muscoli delle gambe e far uscire “la goccia”.
Per quanto riguarda questo ultimo argomento riporto il “pocket article” scritto in collaborazione con Andrea Biasci per il sito dell’Accademia Italiana della forza che trovate qui.
Durante l’esecuzione della leg extension, contraendo i quadricipiti, si estende la tibia, nella cui parte inferiore preme l’imbottitura e dunque il pacco pesi.
Dato che il pacco pesi spinge la tibia verso il basso serve qualcosa che impedisca alla tibia di schizzare in avanti per via di queste forze, dette “di taglio”, compensandole e stabilizzando. A fare questo ci pensa il crociato anteriore, che ha il compito di tenere il femore solidale con la tibia ed evitare le sue traslazioni anteriori ed eventuali rotazioni.
La domanda a cui dobbiamo rispondere è: sono dannose queste forze di taglio?
Le forze di taglio sulle ginocchia fanno parte di ogni movimento della vita di tutti i giorni ed è per questo che noi possediamo i crociati anteriori.
La leggenda che dice “la leg extension fa male” si riferisce a studi effettuati in campo medico, con crociati anteriori danneggiati. Chi si allena in palestra corre il rischio di farsi male qualora utilizzasse questo esercizio con un carico troppo elevato, ma è bene sottolineare come utilizzare un carico eccessivo in un esercizio di isolamento sia inutile, poiché la maggior parte del lavoro si effettua con altri esercizi ben più importanti.
Discorso analogo per il leg curl. L’ inserzione tendinea del bicipite femorale, ma degli ischioscurali in generale, è molto maggiore all’origine rispetto all’inserzione. Per questo motivo questi muscoli riescono a generare molta forza quando estendono l’anca (punto fisso: inserzione), come nello squat e nello stacco, rispetto a quando flettono la gamba (punto fisso: l’origine), come ad esempio nel leg curl.
Su questo esercizio gravano più forze di taglio che nella leg extension anche se non lo si dice mai. in generale la flessione della gamba è sempre un movimento anormale. L’arto inferiore è fatto per piegarsi non flettersi. Il fatto che sia nato per lavorare in catena chiusa permette ai muscoli della coscia di rimanere sempre co-attivi. Non esistono agonisti e antagonisti, si lavora sempre in sinergia per equilibrare le forze sul ginocchio.
La correttezza di un esercizio riabilitativo è da valutare in funzione di cosa va a riabilitare. Sembra una affermazione pomposa e autoevidente, mi spiace se sia pomposa e sebbene sia autoevidente di fatto non è che poi lo sia…
Se fai riabilitazione per una ricostruzione del crociato ANTERIORE, un esercizio del genere non “fa male” anche se è da vederne l’utilità. Poichè solitamente si scassa solo questo, gli studi si concentrano sulla “pericolosità” o meno della leg extension.
Se fai la riabilitazione per il crociato POSTERIORE, l’esercizio “fa male” perchè usi i femorali MA NON i quadricipiti, scaricando sul crociato posteriore tutte le forze di taglio che l’esercizio genera.
Un professionista del settore (cioè un fisioterapista) ti direbbe che è meglio, che so… una pressa monopodalica con il piede in alto sulla pedana, perchè così tu usi i muscoli in co-contrazione, i femorali “tirano” i quadricipiti, i quadricipiti i femorali.
Penso che sia giusto ricordare che un tessuto malato o ricostruito o in guarigione sia del tutto differente da un tessuto sano. Per questo nessuno si fa male con la leg extension o con la leg curl.
BIBLIOGRAFIA:
Kapandji: Fisiologia ArticolareCalais-Germain: Anatomia del movimento
Paolo Evangelista: DCSS PowerMechanics for PowerLifters
Andrea Biasci – C’era una volta l’anatomia applicata

sabato 28 luglio 2012

Qualita dell'allenamento: importanza dell'intensità 

Riporto così come l'ho trovato l' interessante articolo di un collega. Una voce fuori dal coro che appoggia "la causa" del nuovo approccio al fitness e alla palestra. Intensità e qualità sono ora le parole d'ordine per chi davvero pretende risultati dal proprio allenamento. Che si tratti di preparazione atletica o dimagrimento poco importa... l'importante è darci dentro!

 

A cura di Nicolò Ragalmuto

Nella mia professione di personal trainer mi capita spesso di constatare che la maggior parte delle persone che vengono in palestra ad allenarsi passano ore ed ore all'interno del club, circolando da un macchinario all'altro con pause lunghissime tra gli esercizi, senza far cadere neanche una gocciolina di sudore e senza percepire alcuna sensazione di fatica da quello che loro intendono allenamento. Queste persone sono le stesse che dopo un po' di mesi passati in palestra dicendo "io mi allenavo 3 ore al giorno", abbandonano perché non ottengono alcun tipo di risultato. Questo è dovuto alla mancanza nella loro seduta di training di una parte fondamentale, l'intensità .
L'intensità possiamo definirla come la qualità dell'allenamento svolto in un determinato periodo di tempo. Essa viene misurata in base al tipo di esercitazioni utilizzate. La frequenza cardiaca, ad esempio, è un parametro sufficientemente valido per valutare l'intensità dell'allenamento. Infatti, grazie ad essa possiamo calcolare a quale intensità bisogna lavorare per raggiungere determinati obiettivi, come indicato nella figura 1.

Zone allenanti in funzione della FCmax %FCmax
Allenamento anaerobico 80-100%
Allenamento cardiocircolatorio 70-80%
Attività fisica per il dimagrimento 60-70%
Attività fisica moderata 50-60%
Fig. 1

Quando invece si lavora con i sovraccarichi, il parametro utilizzato per il calcolo dell'intensità può essere dato o dal numero delle ripetizioni, o dal peso utilizzato, oppure dalla velocità del movimento.
La figura 2 indica il rapporto che esiste tra il carico utilizzato in percentuale all'1-RM (una ripetizione massimale) e la velocità di esecuzione nello spostamento di sovraccarichi.

Qualità dell'allenamento: l'importanza dell'intensità
Fig. 2

La figura 3, invece, indica il rapporto che esiste tra il carico di lavoro utilizzato in percentuale all'1-RM ed il numero di ripetizioni che si possono eseguire nelle diverse espressioni di forza.
Intensità d'allenamento
Fig. 3

è inoltre importante, quando ci si allena, che il rapporto tra durata ed intensità sia sempre a vantaggio dell'intensità, poiché dopo circa 45-50 minuti dall'inizio dell'allenamento vi è un aumento progressivo di alcuni ormoni, tra cui il cortisolo, che tendono a catabolizzare le strutture muscolari utilizzando le proteine a fini energetici. Al contrario, con l'allenamento di breve durata ed alta intensità si ha la giusta stimolazione a livello ormonale e muscolare, con produzione di testosterone che - avendo azione anabolica- stimola la sintesi proteica.

Steven N Blair nel 2009 ha pubblicato uno studio (Br J Sports Med January 2009 Vol 43 No 1) di notevole interesse, che dimostra come sia molto importante l'intensità dell'allenamento in campo preventivo nelle patologie cardiovascolari.
In questo studio (figura 4), viene dimostrata l'influenza che ha l'allenamento a bassa, media ed alta intensità, in soggetti con diverso BMI, nel rischio di andare incontro a morte per via di patologie cardiovascolari.

Allenamento intensità
Fig. 4

In questo studio si dimostra come l'attività ad alta intensità riduca notevolmente il rischio di andare incontro a patologie cardiovascolari mortali rispetto ai soggetti che utilizzano un allenamento a bassa intensità.
Inoltre il dato più importante di questo studio è che i soggetti con un BMI tra 30 e 35 (soggetti obesi) che si allenano con un tipo di lavoro ad alta intensità hanno un rischio più basso di andare incontro a patologie cardiovascolari mortali rispetto ai soggetti con un BMI tra 18,5 e 25 (soggetti normali), figura 5.

Allenamento intensità
Fig. 5

Quindi, in conclusione, la seduta d'allenamento - per considerarsi allenante - deve tenere in considerazione le leggi che stanno alla base della teoria e metodologia dell'allenamento, e non può tralasciare l'importanza che riveste l'intensità quando si parla di fitness, quindi di allenamento per la salute.
Per questo è molto importante, quando ci si allena, non improvvisarsi allenatori, ma affidarsi alle mani esperte di un buon personal trainer che - conoscendo i mezzi ed i metodi dell'allenamento e soprattutto essendo in grado di monitorare l'intensità dello stesso - può farvi raggiungere i risultati desiderati nel minor tempo possibile, a beneficio della salute.

domenica 10 giugno 2012

Perché le ragazze dovrebbero fare lo squat? - anteprima! -

Innanzitutto,
meglio chiarire perchè lo squat.
Chi preferisce allenare tutti i propri muscoli stando seduto, entra spesso in palestra stando ben lontano da quel bilanciere sospeso, e alcune sere, si permette anche di giudicare lo squat: "lì ti rovini la schiena..." oppure si sente spesso "ti viene la sciatica con lo squat...".  Sentendo questi discorsi, rido sotto i baffi perchè so bene che quando la volpe non arriva all'uva, dice che è acerba.
Fare uno squat non è facile.
Anzi, servono grandi capacità motorie, tra cui coordinazione ed equilibrio; serve forza nei muscoli delle vertebre, nei lombari, glutei, adduttori, cose ecc ecc. Lo squat rinforza tendini e legamenti dell' intera parte inferiore del corpo, aumenta la densità ossea, e bla bla bla.
Basta cagate. Spiegare perché fare uno squat è ormai superfluo, anzi... vien da chiedersi perché c'è ancora chi non lo fa. Ma resta da capire perché farlo fare alle ragazze.
E va subito smentita l'affermazione sulla bocca di tutte: " se faccio i miscoli delle cosce, mi vengono le gambe enormi, come quelle dei calciatori". Aspetta: se fai 4 serie di squat 2 volte la settimana diventi una culturista??? MAGARI servisse così poco... La vera ragione è sempre una: lo squat è difficile; è tanto difficile quanto salutare e proficuo per ottenere... tono, dimagrimento, modellamento, forza, culo sodo, snellire interno coscia e snellire i fianchi. Snellire i fianchi ? SI...


domenica 27 maggio 2012

Chiariamoci: il riscaldamento

Riscaldamento?
Perché scrivere un articolo sul riscaldamento ? Ovviamente, nessuno ha bisogno di consigli su come eseguire un buon riscaldamento.
Il cliente che frequenta la palestra, spesso affronta la seduta di allenamento iniziando con un riscaldamento di 5/10 minuti di passeggiata svelta sul tapis roulant (oppure pedalando per qualche minuto alla cyclette) e pensando che basti la passeggiata per iniziare un buon e fruttuoso allenamento.
Mi spiace, ma quel tipo di riscaldamento può andar bene solo il primo giorno di allenamento.
Inutile dire che chi ha un buon personal trainer, esegue un riscaldamento ben diverso dalla solita pedalatina in bike...
Il riscaldamento ha una doppia funzione: prepara il corpo e la mente ad affrontare nel modo giusto il programma della seduta, e previene gli infortuni.
Maggiore è lo stress che si andrà ad affrontare nell'allenamento, e maggiore dovrà essere il tempo e l'attenzione da dedicare alla praparazione della seduta. Indipendentemente del tipo di lavoro/esercizio/programma che dovete seguire, è buona regola muoversi con ordine: si inizia sempre con l'attivazione dei gruppi muscolari più grandi, ecco dunque giustificata la corsa, per passare poi al settore del corpo che lavorerà per primo, per finire nell'esecuzione del movimento specifico dell'esercizio.
Il riscaldamento segue dunque 3 fasi distinte:
  1. riscaldamento generale: ha come obiettivo l'innalzamento della temperatura corporea. Lo si può ottenere con il gesto più semplice che ci sia per l'uomo: la corsa, ma può anche essere ottenuto con l'esecuzione di movimenti ampi, frequenti, e con intensità crescente. L'innalzamento della temperatura corporea fluidifica il sangue, aumenta la frequenza respiratoria e la concentrazione di glucosio ematico; stimola l'aumento di liquido sinoviale all'interno della capsula articolare, lubrificando l'articolazione e preparandola ai traumi dei sovraccarichi.
  2. riscaldamento settoriale: si prosegue il riscaldamento concentrandosi sulle grandi articolazioni come anche o spalle. Se il vostro primo esercizio prevede l'utilizzo delle braccia, ci si concetrerà sul riscaldamento dell'articolazione della spalla/gomito/polso. Si iniziano ad affrontare dei movimenti più impegnativi, ma sempre multiarticolari.
  3. riscaldamento specifico: si eseguono delle ripetizioni dell'esercizio che andremo ad eseguire con i sovraccarichi. I movimenti saranno generalmente lenti e con focus sulla forma d'esecuzione. Se l'allenamento prevede movimenti esplosivi o pliometrici, si inizia questa fase con movimenti identici ma meno intensi di quelli dell'esercizio del programma.
Quante ripetizioni, quante serie e con che carico è un altro dei grandi quesiti... Ognuno ha "il suo metodo", ma io consiglio di iniziare con un semplice piramidale a bassa intensità, per avvicinarsi gradualmente al numero ri ripetizioni della prima serie
1 x 12 reps con il 50% rpm
1 x 10       55%
1 x 8         60%
1 x 6         65%
Se dovete lavorare con un programma che prevede poche ripetizioni ad alta intensità, potete provare con un piramidale tronco:
1 x 12
1 x 10
1 x 4       60% rpm
1 x 4       65 % rpm
1 x 4       70% rpm
ecc ecc fino ad arrivare al carico allenante.

I tempio di recupero sono ovviamente ridotti all'osso: si inzia con 40" poi 50" 60" fino ad arrivare vicino al carico allenante con una pausa di 70/80".

Indipendentemente da quale sia l'esercizio, i clienti più avanzati avranno necessità di dedicare maggiore attenzione e tempo al riscaldamento, in previsione di un utilizzo di carichi più elevati rispetto ad un principiante. Inoltre con l'avanzare dell'età il riscaldamento richiede un aumento progressivo della durata, a causa delle modificazioni degenerative che provocano una diminuzione dell'elasticità muscolare.

Resta ancora da affrontare l'annosa questione dello stretching: stretching si o no durante il riscsaldamento?
Tutt'oggi vi sono numerosi articoli scientifici fortemente contraddittori, ma io personalemte sconsiglio qualsiasi forma di stretching statico prima di una sessione di allenamento con i sovraccarichi o comunque di una gara.
A conferma di ciò, riporto (purtroppo in inglese) il riassunto dell'articolo scritto dal dott. Roberto Meoni dal titolo "Comparazione tra stretching attivo e statico nella flessibilità dei flessori della coscia".

Buon riscaldamento !